La
percentuale delle vetture prodotte da aziende tedesche (ovvero con
base in Germania) sul totale vendite auto in Europa è del 50%,
secondo il presidente dell'Associazione dell'industria
automobilistica tedesca (VDA), Matthias Wissmann, che ha rilasciato un'intervista al quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung). Questo
riguarda – ovviamente – anche tutte le auto prodotte al di fuori
della Germania, in Paesi come la Spagna, la Repubblica Ceca oppure la
Slovacchia.
La Volkswagen Golf VII è il simbolo dello strapotere tedescon nel mondo dell'auto, settima versione della regina indiscussa delle vendite in Europa |
A
livello mondiale, il peso delle vetture Made in Germany è del 20% -
una vettura su cinque -, ma se ci si limita all'analisi delle vetture
premium, la quota raggiunge la strabiliante quota dell'80%.
La
delocalizzazione (soprattutto nei Paesi dell'Est Europa) è un
fenomeno in crescita, che però non presenta un rischio per
l'industria locale tedesca, i cui livelli di occupazione vengono
definiti “stabili” da Wissman. Anzi, nel 2012 le maestranze sono
aumentate di 22.000 unità, portando il numero degli occupati a quota
744.000.
Qualcuno
potrebbe chiedersi come mai un Paese come l'Italia, con l'eccellenza
produttiva confermata dal premio ricevuto da Fiat per lo stabilimento di Pomigliano (assegnato da un ente tedesco),
con l'abilità di costruire vetture che primeggiano in Formula 1 e
sui mercati mondiali per appeal
e immagine (guardare la nuova Maserati Quattroporte per credere), i risultati sembrano essere totalmente differenti.
La
risposta molto probabilmente è una sola: i tedeschi, che siano BMW, Volkswagen, Porsche o Mercedes-Benz ci hanno messo un sacco di tempo a
raggiungere questi obiettivi, attraverso una strategia a lungo
termine, condivisa da sindacati e politici.
In
Italia il piano industriale presentato
da Marchionne alla fine dello scorso mese (e le cui linee guida
trovano diverse similitudini con quanto perseguito dall'industria
auto tedesca) ha raccolto, come spesso accade, per lo più un'ondata di critiche. La delocalizzazione che il CEO di Fiat e Chrysler ritiene vitale per lo sviluppo del Gruppo Fiat-Chrysler provoca lo sdegno dell'opinione pubblica (così come ha provocato una sciocca reazione anche da parte dell'ex candidato alla Casa Bianca, Mitt Romney).
Probabilmente
in Italia ci vuole più condivisione delle responsabilità, ci vogliono meno
polemiche, ma soprattutto c'è bisogno di molta, molta più pazienza.
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