Chrysler
e il suo CEO Sergio Marchionne hanno risposto picche anche a
quest'ultima richiesta, creando un precedente piuttosto “inusuale”,
visto che in passato nessuno a veramente detto no alla NHTSA (fra
questi, Toyota, finita diverse volte nel mirino dell'agenzia
governativa statunitense negli ultimi anni).
Queste
vetture vanno richiamate, secondo il boss della NHTSA Clarence
Ditlow, che ha definito le Jeep in questione come “bombe
incendiarie ambulanti” ed il rifiuto di Chrysler come un “insulto
ai propri clienti che guidano le vetture del marchio a proprio
rischio e un insulto ai contribuenti americani che hanno finanziato
il «bailed out» [finanziamento pubblico per evitare la bancarotta] di Chrysler nel 2009”. Benzina sul fuoco dopo le polemiche innescate durante la campagna elettorale presidenziale da Mitt Romney sulle sorti dell'azienda statunitense?
Sergio Marchionne (Fiat-Chrysler) e Clarence Ditlow (NHTSA), un duello che dura da due anni |
Dal
canto suo Chrysler definisce l'analisi “incompleta”. Secondo
Chrysler il rischio è valutabile come la possibilità che un
incendio si sviluppi una volta ogni milione di anni di operazione
della vettura. Bassissima probabilità e sicuramente non più alta di
quella relativa ad altri modelli in circolazione.
Secondo
alcuni analisti la campagna di richiamo potrebbe costare a Chrysler
500 milioni di dollari (poco meno di 380 milioni di euro, al cambio attuale), in un momento in cui Fiat si appresta a
raccogliere fondi per acquisire le azioni rimanenti della produttore
auto USA.
La
battaglia rischia di durare ancora per qualche tempo, in un momento particolarmente delicato, visto che Fiat sta cercando di raccogliere fondi per portare a termine l'acquisizione del Gruppo Chrysler. Il risultato è tutt'altro che scontato.
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